Un amico mi chiede: “Perché Berlusconi continua a dichiarare, anche oggi pomeriggio [ieri per chi legge, n.d.r.], che intende continuare ad andare in mezzo alla gente? Non gli basta più la televisione, con la quale ha incantato mezza Italia. Ora vuole il contatto con la folla, e non quello blindato e in estrema sicurezza, ma quello comunque a rischio, in mezzo alla gente, dove si trova si trova. Ora: le possibilità di essere ucciso aumentano vertiginosamente. Se invece di una statuetta è una bomba, è finita. Dunque, vuole il martirio? Vuole essere ricordato come un martire?
Non rientra anche questo altissimo rischio nel quadro di un disturbo di personalità narcisistica?Oppure non ce la fa più e spera di farla finita?
”.

Nel post 2009/12/14 – Tartaglia vs Berlusconi. Psicologia del perchè uno psicotico aggredisce un narcisita già ho detto di quanto la persona sofferente di Disturbo Narcisistico di Personalità (DNP) dipenda dal bisogno compulsivo, cioè irresistibile, di proiettarsi su entità femminili quali la folla, la platea, la gente, ricevendone consenso, ammirazione, comunque confermante centralità e gratificante attenzione. Ho cercato di precisare ulteriormente l’analisi psicologica di Berlusconi anche nei due post 2009/12/17 – Perchè Berlusconi guarda la folla. Psicologia del suo sguardo smarrito e 2009/12/19 – Le parole di Berlusconi: “odio”, “amore”, “invidia”, “vergogna”. Psicologia di un linguaggio.

Non ho la possibilità come psicoterapeuta di verificare clinicamente la situazione psichica di Berlusconi, che, a quanto dice sua moglie, sta male e ha bisogno di essere aiutato. Come giornalista con competenza psicoterapeutica ho però la possibilità e, quindi, il dovere di lavorare sulla ipotesi che Berlusconi Silvio soffra di un DNP con coinvolgimento sempre maggiore del versante psicotico. Capita al giornalista un po’ quello che capita al ricercatore scientifico o, per dirla tout court, allo scienziato contemporaneo: quanto più un’ipotesi risulta applicabile, quanto più riesce a leggere e a significare i fatti, tanto più quella ipotesi si legittima e si verifica. Lo ripeto, è questo il procedimento logico che sta alla base della scienza contemporanea (quella successiva alla crisi delle scienze e alla rivoluzione epistemologica avvenute a cavallo tra fine ‘800 e prima metà del ‘900) che è un sapere non più giocato sulla presunzione razionalistica, illuministica o positivistica della assolutezza e universalità, bensì consapevole della propria natura ipotetico-deduttiva: quanto più da una ipotesi posso dedurre la lettura e l’interpretazione dei fatti, tanto più questa ipotesi si verifica, cioè si afferma come vera, fino a quando non intervenga una nuova più efficace ipotesi, che falsificando la precedente, sia capace di leggere e significare ancora meglio e ancora più coerentemente i fatti. E finora – mi pare – l’ipotesi che Berlusconi soffra di una patologia da DNP con crescente coinvolgimento psicotico emerge, fino a prova contraria, in modo sempre più plausibile. A ulteriore conferma, starebbe l’emergenza del bisogno sempre più persistente di Berlusconi di immergersi – nonostante il rischio, anzi proprio perché c’è il rischio –in perigliosi “bagni di folla”.

Come l’avaro Paperon de’ Paperoni ha il bisogno compulsivo di tuffarsi ogni tanto nel mare di luccicanti seducenti monete, così Berlusconi ha il bisogno altrettanto invincibile di tuffarsi nei bagni di folla. Se non lo fa, sta sempre peggio, come un drogato in crescente delirio da astinenza. Tale bisogno di esposizione esibizionistica è tipico delle personalità pre-edipiche colpite da DNP,: è per loro più confermante e gratificante di un orgasmo, di qualsiasi orgasmo, al punto che, se non può essere esibito, l’orgasmo stesso perde di significato all’interno della loro sessualità pre-edipica (non a caso, nei giorni dello scandalo D’Addario, era proprio lui a continuare a ricordare il fatto, con battute più o meno felici).

Certo, la pericolosità dei suoi bagni di folla è sempre più monitorata dal suo entourage, con crescenti tentativi di limitarne l’incidenza. Di conseguenza, sorgerà sempre di più il problema di quanto legittimo sia, per esempio, “perquisire” preventivamente i probabili spettatori del bagno di folla berlusconiano (a quanto dice la stampa tale perquisizione è già avvenuta nell’ultima uscita di Silvio con giubbotto putiniano).

Non penso, dunque, che alla base della rischiosa ricerca del bagno di folla ci sia, come suggeriscono le domande del mio amico, una “volontà di martirio” o il bisogno suicida (cioè consapevolmente perseguito) o suicidario (cioè non consapevolmente perseguito) di “farla finita”. La personalità affetta da DNP è sì affascinata e coinvolta dalle tematiche e dalle dinamiche del “martirio”, del “suicidio”, dell’acting out sommario e quindi potenzialmente suicidario, ma sempre all’interno di una affermazione onnipotente ed esibita del proprio Sé, una affermazione infinita, eterna, ben lontana da una autentiva volontà di “farla finita”.

Può risultare utile un differenziante confronto con il Disturbo Borderline di Personalità (DBP). Mentre la personalità caratterizzata da DBP cerca davvero il rischio oppure la dinamica suicida o suicidaria, la personalità DNP ne cerca soltanto l’esibizione, lo sfruttamento manipolatorio, l’enfasi delirante, lo sfruttamento che non nega il Sé, ma lo auto-afferma ancora di più. Per rischiare o per morire, la personalità DBP non ha bisogno della scena, non dipende dalla scena, la personalità DNP esige la scena, ha nella scena il proprio vero obiettivo (in questo è più vicino alla personalità isterica o, come si suole dire oggi, istrionica [Disturbo Istrinico di Personalità]). Se la scena è davvero estrema quanto può essere estremo il delirio di onnipotente (e paranoide) affermazione del proprio narcisismo, allora sì, in questo caso, la personalità DNP può davvero agire e perseguire lucidamente e tematicamente anche il suicidio. Comunque, neppure in questo caso, si suicida per suicidarsi. Sarebbe troppo banale e troppo poco narcisistico. In questo caso, proprio in questo estremo caso, la personalità DNP si suicida solo perché è grandioso farlo, soltanto perché nessuno altro può farlo più grandiosamente di lui, più santamente di lui, più da martire di lui. Mentre si fa male o si suicida, la personalità DBP è tutta nel farsi male o nel suicidio; al contrario, mentre rischia di farsi male o di suicidarsi, la personalità DNP è già oltre il farsi male e oltre il suicidio, è già all’applauso, all’ammirazione, alla grandiosità che seguiranno, che non potranno non seguire, che dovranno, dovranno, dovranno seguire. La personalità DBP è nel dolore e nella morte, li conosce, li abita, ne è vittima angosciata; la personalità DNP è da sempre e per sempre immortale: “Che pretese può mai avere la morte? Che è mai la morte? Non sa che Io sono Superman?”

Il discorso sin qui fatto nulla toglie anche al possibile e del tutto probabile uso politico e mediatico delle componenti “rischio mortale” e possibile “martirio” (in diretta tivù, che altro?), ma questo è un altro discorso, tema di un altro possibile post, che parta da considerazioni più legate all’uso politico e alla mutata natura del linguaggio televisivo.